Quali sono le città più “verdi” d’Italia? A vincere questa singolare sfida sono Pavia, Lodi, Cremona e Matera che, tra verde urbano, aree protette e Sau (superficie agricola utilizzata), presentano densità superiori alla media di tutti gli altri comuni capoluogo italiani.
A segnalare questo ottimo primato è l’Istat, che con cadenza annuale svolge un’indagine specifica dedicata appunto a censire quanto siano “verdi” le nostre città, stilando una classifica che comprende diversi fattori, tra cui verde sportivo, giardini, aree alberate, aree naturali e addirittura gli orti urbani.
Leggendo i dati dell’ultima indagine disponibile, riferita al 2014, si evidenzia come il verde urbano rappresenti in media il 2,74% del territorio dei capoluoghi di provincia (oltre 567 milioni di m²), quota che corrisponde a una disponibilità media di 31,1 m² per abitante. Questo importantissimo valore è più elevato nelle regioni del Nord: in media pari a 34,8 m² anche grazie alla buona dotazione di Trento (401,5 m²), Sondrio (312,4), Pordenone, Gorizia e Verbania (tutte con valori superiore ai 100 m² pro capite).

Al Centro, dove la media scende a 22,7 m² per abitante, solo una città su quattro ha una dotazione superiore; Terni, in particolare, raggiunge i 149,2 m² pro capite.
Tornando alle città più verdi d’Italia l’indagine spiega come queste realtà territoriali siano molto diverse. Nel caso di Matera, alla consistente componente rurale si aggiungono l’unicità delle aree di verde urbano tutelate dal Codice dei beni culturali (15,3%, contraddistinte dalla presenza del parco archeologico delle chiese rupestri) e aree naturali protette (quasi un quarto del territorio). A Lodi e Cremona incidono soprattutto la componente agricola (la Sau rappresenta più della metà del territorio) e quella delle aree protette (rispettivamente il 35% e il 27% della superficie comunale), mentre a Pavia verde urbano, aree protette e Sau sono tutti leggermente al di sopra della media.

Le aree di arredo urbano, intese come spazi verdi a valenza estetica e funzionale create per migliorare la qualità di vita nei contesti urbani, pesano poco più del 9% sul verde pubblico delle città ma la loro incidenza raggiunge il 40% in alcuni comuni del Mezzogiorno (Trapani, Cosenza, Lecce, Palermo, Benevento, Caltanissetta e Barletta), mentre per l’estensione spiccano Reggio nell’Emilia (più di 3,3 milioni di m²) e Roma (4,4 milioni di m²).

Il verde attrezzato – che include piccoli parchi con superficie pari o inferiore agli 8.000 m², con giochi per bambini, aree cani, ecc. e con diverse funzioni ricreative e di aggregazione – è molto diffuso nelle principali realtà urbane (in oltre il 56% dei capoluoghi si supera la media), con valori assoluti compresi tra 3 e 4 milioni di m² a Torino, Padova e Venezia e punte di 6 e 10 milioni rispettivamente a Milano e Roma.

Le 12 città in cui l’incidenza del verde urbano e delle aree naturali protette è superiore alla media sono in maggioranza centri urbani di medio-grandi dimensioni; in sei casi si tratta di grandi comuni: Trieste, Roma, Napoli, Reggio Calabria, Palermo e Cagliari. Sono tutti contesti – evidenzia l’Istat – dove le aree uniche di rilevante pregio sono state nel tempo sottoposte a tutela naturalistica, anche per via della contiguità con ambiti fortemente urbanizzati: a Cagliari le saline del Molentargius e di Macchiareddu e la laguna di Santa Gilla, a Trieste le aree carsiche, a Reggio Calabria il parco dell’Aspromonte, a Palermo il monte Pellegrino, a Napoli e Roma numerosi ed estesi parchi e riserve naturali.

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“La partita sarebbe molto più bella su un campo naturale”.

Sono queste le parole di Josè Mourinho alla vigilia di una importantissima sfida di Champions League tra la sua Inter e il CSKA Mosca, squadra russa che giocava le sue partite casalinghe su un campo sintetico. Se infatti qualsiasi tifoso o appassionato, ripensando a una partita rimastagli nel cuore, ricorderà il verde intenso del prato su cui i suoi campioni preferiti hanno compiuto quelle memorabili gesta, lo stesso si può dire per i protagonisti dello sport. Sono tanti gli sportivi che hanno avuto modo di testimoniare nel corso degli anni l’affetto nei confronti dell’erba, a partire da tre autentici fuoriclasse.

LA PROFEZIA DI MOURINHO

“Con il campo sintetico sono tutti svantaggi, per noi. Se la Champions è iniziata con 31 squadre che giocano sull’erba naturale e una sull’erba sintetica, sono 31 che stanno sulla strada sbagliata oppure il Cska? La partita sarebbe stata molto più bella su un campo naturale”. È l’aprile 2010 e il Triplete interista, una delle più grandi imprese calcistiche compiute da una squadra italiana, è solo nella mente di qualche inguaribile ottimista. Tra questi c’è sicuramente Josè Mourinho, condottiero nerazzurro, uno che non lascia nulla al caso. L’Inter ha da poco eliminato il fortissimo Chelsea di Ancelotti e si prepara a giocarsi l’accesso in semifinale contro il Barcellona stellare di Guardiola. Per farlo deve però superare il CSKA Mosca, rivale ostico che nei quarti di finale d’andata a San Siro ha limitato i danni e punta a ribaltare il pronostico in Russia, anche grazie al fatto di giocare su una insolita superficie sintetica. Da qui lo sfogo dello Special One, che denuncia a gran voce gli svantaggi di rinunciare a un campo in erba naturale. La sua profezia – “la partita sarebbe stata molto più bella su un campo naturale” – è assolutamente rispettata: verrà fuori un match noioso, anche se l’Inter riuscirà comunque a spuntarla. E a Madrid, sulla splendida erba del mitico Bernabeu, arriverà la terza Coppa dei Campioni nerazzurra.

ANCHE ZOFF NON HA DUBBI

“La cosa che mi manca di più è l’odore dell’erba”. Un monumento del calcio italiano, un personaggio che travalica la cronaca sportiva ed entra di diritto nel costume del nostro Paese. Non potrebbe essere altrimenti, visto che Dino Zoff, leggendario portiere della Juventus, è colui che ha alzato al cielo la Coppa del Mondo del 1982, il successo più bello della storia degli Azzurri. Eppure, a distanza di tanti anni da quell’incredibile trionfo, Zoff spiegherà di non rimpiangere i soldi o la gloria, ma l’inconfondibile profumo del prato appena tagliato prima di una partita. Un ricordo quasi fanciullesco che riporta alla mente l’istantanea più celebre di Zoff, quella in cui inchioda la palla sull’erba dello stadio Sarrià di Barcellona, teatro nel Mondiale ‘82 di Italia – Brasile: con quella grande parata Dino quando negò a Oscar un gol che sembrava già fatto spalancando alla Nazionale la strada verso il titolo.

IL TRIBUTO DI DJOKOVIC

“Mangiare l’erba? È ormai una tradizione per me. Non so cosa abbiano fatto i giardinieri, ma l’erba quest’anno aveva un sapore veramente particolare. Quando sogni da bambino di vincere Wimbledon sogni anche di fare cose pazze come questa”. L’erba nello sport non è sinonimo solo di calcio. Nel tennis, il torneo più importante e prestigioso della stagione si gioca infatti sull’erba di Wimbledon, una competizione che va in scena a Londra tra giugno e luglio dal 1877. Trionfare a Wimbledon è il sogno di qualsiasi tennista, pure del serbo Novak Djokovic che quel trofeo l’ha vinto tre volte e che è solito celebrare i suoi successi su quel leggendario campo mangiando un pezzetto di erba. Il rito è diventato estremamente popolare nel 2015, anno in cui Nole ha prevalso per la terza volta battendo in finale Roger Federer. Un gesto di affetto, per rendere omaggio alla peculiarità di un autentico tempio dello sport.

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