Per avere un prato naturale bello, rigoglioso e in salute è essenziale conoscere alcuni concetti basilari sul primo fattore che concorre alla sua costituzione: la (o le) specie utilizzate per la sua creazione.
Clima, esposizione, disponibilità di acqua e destinazione d’uso sono infatti parametri molto importanti per la buona riuscita di un prato e sono strettamente legati alle differenti specie: in linea generale i semi più indicati per il prato “di casa” sono quelli che appartengono alla famiglia delle Graminacee come Poa, Lolium, Festuca, Agrostis che si sviluppano velocemente e resistono bene a tagli frequenti, ma in commercio esistono tipi di erba che si prestano a sopportare le alte temperature e i periodi di siccità e altri meno.
La prima distinzione che è importante conoscere è quella tra specie microterme e macroterme.

Microterme: definizione e caratteristiche

Il gruppo delle specie da tappeto erboso definibili microterme è sostanzialmente racchiuso all’interno della sottofamiglia delle Festucoideae ed in massima parte rappresentato da Festuceae, Hordeae e Agrostideae. Si tratta di specie graminacee che si sono particolarmente adattate a crescere in climi a carattere prevalentemente freddo-umido. Sono però anche diffuse in regioni fredde subumide e fredde semiaride, così come nella zona di transizione.
In linea di massima presentano un intervallo di temperature ottimali comprese fra i 10 e i 18 °C per quanto concerne l’attività radicale e fra i 15 e i 24 °C per la parte vegetativa aerea. Le specie che hanno un qualche interesse dal punto di vista del tappeto erboso sono più di una ventina e la maggior parte di esse è di origine eurasiatica.
Le specie microterme di maggiore impiego nel settore dei tappeti erbosi appartengono ai generi Agrostis, Festuca, Lolium e Poa. Sono più adatte a climi freddo-umidi, in genere formano tappeti erbosi con apparati radicali superficiali, poco resistenti ad alte temperature e siccità.
Rispetto alle macroterme, si caratterizzano per:

  • crescita tendenzialmente più eretta,
  • minore tolleranza ad un taglio basso, ad eccezione di Agrostis stolonifera,
  • apparato radicale più superficiale,
  • migliore resistenza al freddo,
  • minor resistenza alle alte temperature,
  • minor resistenza alla siccità,
  • minor resistenza al logorio (danni meccanici esercitati sul tappeto erboso a seguito del suo utilizzo e della sua manutenzione),
  • minor resistenza ad attacchi di crittogame,
  • maggior tolleranza ad attacchi di insetti,
  • propagazione principalmente per seme.

Le tipiche specie per il prato all’inglese sono Lolium perenne, Poa pratensis, Festuca rubra, Festuca arundinacea e Agrostis stolonifera. Spesso queste specie vengono utilizzate in miscuglio per migliorare la capacità di adattamento del tappeto erboso alle diverse condizioni ambientali. L. perenne è apprezzabile per la spiccata velocità d’insediamento e la resistenza al calpestio.. P. pratensis predilige zone soleggiate con buona disponibilità idrica, ed è in grado di entrare in dormienza estiva in caso di caldo eccessivo o siccità prolungata. F. rubra si adatta ad ambienti ombreggiati e siccitosi e comprende tre importanti sottospecie botaniche: F. rubra rubra, F. rubra commutata e F. rubra tricofilla, che sebbene abbiano caratteristiche simili mostrano un comportamento diverso a seconda delle condizioni. F. arundinacea si caratterizza per la resistenza al caldo ed alla siccità, al calpestio ed alle malattie fungine, formando un tappeto erboso a tessitura robusta. A. stolonifera è la specie che meglio si adatta ai tagli frequenti e che offre risultati estetici migliori, tuttavia necessita di cure frequenti e per questo motivo è principalmente utilizzata nei giardini di pregio e nei campi da golf.

Macroterme: definizione e caratteristiche

Le specie macroterme che possono essere impiegate per la costituzione di un tappeto erboso sono costituite essenzialmente da graminacee appartenenti alle sottofamiglie Panicoideae ed Eragrostideae. Le specie principali sono: Zoysia japonica, Cynodon dactylon, Paspalum vaginatum, Paspalum notatum, Stenotaphrum secundatum. Provengono da regioni a clima caldo, sia umido che arido: Africa orientate e India per il genere Cynodon, Sud America per Paspalum, Centro America per Stenotaphrum, Asia per Zoysia. Sono perciò meglio adattate delle specie microterme a climi caldi, preferiscono temperature comprese tra i 24 °C ed i 32 °C per un ottimo sviluppo radicale e tra i 30 °C ed i 37 °C per la crescita di stoloni, culmi e foglie.
In generale, se poste a confronto con le microterme, le specie macroterme si caratterizzano per:

  • minore resistenza alle basse temperature (rapida ed accentuata perdita di colore autunnale), e possibilità di perdita invernale del manto erboso durante il primo inverno (winter-killing)
  • maggiore tolleranza alle alte temperature,
  • finestra di impianto ridotta a due-tre mesi nella maggior parte dei climi italiani
  • crescita più lenta,
  • maggiore sensibilità agli attacchi d’insetti, ma maggiore resistenza ai patogeni fungini,
  • maggiore tolleranza a stress idrici ed al logorio,
  • propagazione vegetativa, che consente una migliore velocità d’insediamento e una minore tendenza a formare sgradite infiorescenze,(solo per le varietà vegetative)
  • maggiore tendenza alla coltura in purezza.

In linea generale, quindi, le specie macroterme sono più adatte a climi caldo-aridi, con un optimum tra i 25 e 35°C e scarsità idrica, sono più resistenti a funghi e infestanti, ma più sensibili delle microterme agli attacchi degli insetti. Queste essenze formano una zolla molto robusta e compatta che rende il prato resistente all’usura e al calpestio. Con i primi abbassamenti termici autunnali le macroterme vanno in dormienza, assumendo una colorazione giallo paglierina; alla ripresa vegetativa primaverile riprendono una colorazione verde.

Fonti consultate:

  • Tappeti erbosi – Edagricole (2006)
  • Manuale pratico per il manto erboso 2010. Comune di Bologna
  • Progetto, Impianto e Cura del Prato (Giunti, 2008)
  • Spazi verdi pubblici e privati (Hoepli, 1995)

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In città fa più caldo che in campagna. Quello che può sembrare un luogo comune è in realtà un’allerta reale, una problematica che da diversi anni viene evidenziata da meteorologi e climatologi.
Il fenomeno che ci fa boccheggiare in città si chiama Isola di calore ed è un evento climatico documentato da centinaia di studi scientifici che determina un microclima più caldo all’interno delle aree urbane cittadine rispetto alle circostanti zone periferiche e rurali.
La cause sono diverse: la diffusa cementificazione, le superfici asfaltate che prevalgono nettamente rispetto alle aree verdi, le emissioni degli autoveicoli, degli impianti industriali e dei sistemi di riscaldamento e di aria condizionata ad uso domestico.
Nelle ultime stagioni estive le temperature nelle grandi città italiane sono aumentate tra gli 1,8 e i 3,7 °C rispetto alle medie del trentennio di riferimento climatico 1961-1990 (convenzionalmente fissate dall’Organizzazione Meteorologica Mondiale) mentre nelle aree rurali circostanti i valori si sono mantenuti pressoché stabili con le medie trentennali, tanto che nei progetti di nuova urbanizzazione e negli interventi di riqualificazione di aree già urbanizzate la minimizzazione dell’isola di calore porta a scelte tecnicamente consapevoli circa le caratteristiche dei materiali di costruzione e, aspetto ancora più importante, la copertura verde del suolo (alberi e superfici a verde) e degli edifici (tetti e pareti verdi).
È risaputo, oltre che scientificamente provato, che le superfici naturali riducono maggiormente il calore rispetto alle pavimentazioni urbane, il terreno nudo o ai materiali sintetici per merito del processo di evapotraspirazione.
Uno dei “materiali” biologici più efficaci per il controllo del microclima degli spazi esterni è appunto la vegetazione che, se utilizzata in modo appropriato, può determinare un effetto di miglioramento consistente.

Ricordiamo che in una bella giornata estiva un tappeto erboso di un ettaro è in grado di rilasciare 20.000 litri di acqua nell’atmosfera, inoltre, sempre attraverso l’evapotraspirazione, il verde urbano fornisce sia protezione solare sia raffreddamento dell’aria ambiente: uno studio sull’impatto degli spazi verdi urbani ha dimostrato che l’evapotraspirazione degli alberi o delle aree verdi aumenta l’umidità relativa dell’aria e contribuisce indirettamente alla riduzione della temperatura in città.
L’effetto di raffrescamento estivo dei grandi parchi urbani e delle cinture verdi è noto: diverse sperimentazioni internazionali testimoniano una differenza di temperatura dell’aria da 2 a 4°C fra gli spazi interclusi in grandi aree verdi e quelli dell’ambiente costruito immediatamente circostante. Tale differenza di temperatura, oltre a determinare diverse condizioni di comfort tra aree verdi ed aree costruite, induce brezze termiche urbane che, in assenza di vento, possono dare un contributo al raffrescamento del sito e degli edifici.

Fonti consultate

  • “Gli effetti del verde sulla mitigazione dell’isola di calore urbana” – Beretta S. – Politecnico di Milano, Facoltà di Architettura e Società
  • www.mygreenbuildings.org
  • www.wikipedia.com
  • Arpae – Emilia Romagna
  • “Spazi verdi da vivere” – Regione Veneto, Azienda ULSS 20, Università Iuav di Venezia

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Al via il portale www.pratinaturali.it. In crescita l’interesse per nuovi impianti sportivi e urbani 100% naturali

Nell’anno che si annuncia come il più caldo della storia secondo i dati diffusi dall’Organizzazione Metereologica Mondiale (WMO), Assosementi, l’associazione che riunisce le aziende sementiere italiane, sottolinea la funzione dei prati naturali nella progettazione del verde urbano e sportivo con il portale www.pratinaturali.it, al servizio dei professionisti e di chi interessato a questo mondo operativo.

I tappeti erbosi naturali possono infatti fornire un grande contributo per migliorare la qualità dell’aria e ridurre le emissioni di anidride carbonica in atmosfera. Ad esempio, un campo da calcio in erba naturale della dimensione di 7.000/8.000 m² è capace di catturare e assorbire 12 tonnellate di CO2 all’anno, oltre a ridurre maggiormente il calore rispetto al terreno nudo o ai materiali sintetici, grazie al processo di evapotraspirazione. In una giornata estiva un tappeto erboso dell’ampiezza di un ettaro è in grado di rilasciare 20.000 litri di acqua nell’atmosfera. Assosementi ritiene quindi importante orientarsi ad ogni livello verso un maggiore e più razionale ricorso ai mezzi e alle risorse naturali.

“La vera e propria riscoperta del prato naturale alla quale stiamo assistendo, dichiara Mauro Frigo, coordinatore del Gruppo di lavoro tappeti naturali di Assosementi, deve molto alla crescita di una cultura ambientale diffusa nelle aziende ed enti in Italia. Il tema della sostenibilità, a un anno esatto da COP 21, la conferenza di Parigi sui cambiamenti climatici, è tornato alla ribalta nel dibattito pubblico e di questo se ne avvantaggia il nostro settore”.

ipad-1Il portale www.pratinaturali.it, realizzato dal gruppo di lavoro sui tappeti erbosi di Assosementi, vuole contribuire al dibattito sulla sostenibilità ambientale. I tappeti erbosi naturali sono una risorsa importante per migliorare l’ambiente e la qualità dell’aria e restituire alle attività sportive, all’aria aperta, le emozioni che solo un prato vero può dare. Il lancio di Pratinaturali.it fa parte di una campagna di informazione che ha preso il via lo scorso anno con il primo Forum Assosementi sui prati naturali.

“Il rinnovato interesse per i prati naturali è partito dagli Stati Uniti in anni recenti e si sta estendendo anche in Italia, non solo sulla spinta del dibattito sul clima, ma forte dell’interesse dei cittadini verso tutto ciò che è espressione di naturalezza, sottolinea Frigo. Le aziende sementiere che lavorano nel settore dei tappeti erbosi ce lo confermano, segnali positivi giungono ad esempio dagli enti locali che vedono nel tappeto erboso naturale un vantaggio per la maggiore sostenibilità sia economica che ambientale.

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