Sintomi da mal del piede su campo da golf

La cura del prato naturale non conosce stagioni, come già evidenziato in un articolo precedente (www.pratinaturali.it/malattie-fungine-invernali-del-prato-naturale-riconoscerle-prevenirle), infatti, alcuni funghi, potenzialmente dannosi, si sviluppano in modo ottimale a temperature medio-basse.
E’ il caso questo di una temuta fitopatia: il Mal del piede delle graminacee (in inglese Take all patch o Ophiobolus patch) causato dal fungo Gaeumannomyces graminis, che si sviluppa con temperature comprese tra i 4 e i 21 gradi.
Le infezioni causate da questo fungo si manifestano principalmente su tappeti erbosi di Agrostis stolonifera nella tarda primavera. Nelle prime fasi la chiazza, piccola e di un colore marrone chiaro, può confondersi con quella di Microdochium nivale (causa del marciume rosa invernale) che però arresta il suo sviluppo proprio verso la fine della primavera mentre il Take all patch continua a svilupparsi durante il resto dell’anno.

I sintomi sono più evidenti dopo stress da caldo e da secco nella tarda estate e, a volte, solo in queste condizioni l’attacco appare evidente, anche se il fungo era già presente da mesi. In questa fase il colore della chiazza è bronzeo-rossiccio e successivamente marrone. Si possono notare chiazze ad anelli a causa del recupero dell’erba nella parte centrale della chiazza (la prima ad essere colpita) o a causa di invasioni di infestanti.

Attenzione a questo periodo dell’anno: durante l’inverno infatti il colore vira al grigio. Generalmente l’infezione si trasmette dalle singole chiazze al resto del tappeto erboso e viene trasportata dalle macchine da taglio o anche attraverso trapianti di zolle non monitorate in precedenza.
Su Agrostis spp. la chiazza (di forma circolare) si allarga fino a circa 15 cm l’anno per raggiungere dimensioni di un metro ed anche più e il centro della chiazza, dove il tappeto è morto, viene spesso invaso da infestanti (di solito poe e festuche).
I maggiori danni si possono avere in condizioni tempo umido e su tappeti irrigati su terreni poco drenanti. Alti pH o calcitazioni favoriscono la malattia. Terreni a tessitura fine, basso contenuto di sostanza organica, bassa o non bilanciata fertilità contribuiscono allo sviluppo del patogeno, così come l’alta presenza di feltro. Danni ingenti si possono verificare anche su terreni fumigati, terreni appena disboscati e terreni con alto contenuto di sabbia.
Per prevenire questa fitopatia è consigliabile utilizzare, gestire il prato in modo da avere un buon drenaggio del terreno e comunque pratiche colturali che favoriscano lo sviluppo dell’attività microbica.
Va ricordato che gli attacchi di mal del piede sono più frequenti e dannosi in suoli con pH superiore a 6 e quindi una efficiente misura preventiva per il controllo di questa fitopatia è l’impiego di concimi a reazione acida come il solfato ammonico o il solfato di potassio. Il solfato ammonico, nello specifico, va distribuito da due a quattro volte nell’arco dell’anno, in primavera ed autunno (le dosi consigliate variano da 3 a 4 kg/100 m²).
Se individuato per tempo e la zona colpita è di ridotte dimensioni, si consiglia di asportare il tappeto erboso ed il substrato dell’area colpita dal fungo fino ad una profondità di almeno 30-40 cm.

Fonti consultate:

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Sintomi di marciume rosa invernale

Spesso si è portati a credere che le basse temperature invernali limitino l’attività delle malattie fungine sui prati, ma non è assolutamente così. Il prato naturale infatti può essere colpito da funghi che si sviluppano a basse temperature come Typhula incarnata e Typhula ishikariensis (temperatura ottimale tra 0 e 4 °C), basidiomiceti responsabili del “marciume grigio delle nevi” (in inglese: Gray snow mold) e Microdochium nivale (temperatura ottimale tra 0 e 10 °C), responsabile del “marciume rosa invernale”.

Marciume grigio delle nevi

I sintomi di questa malattia compaiono sul prato allo scioglimento della neve con macchie circolari di dimensioni variabili, da pochi cm di diametro fino anche ad un metro, di colore giallo chiaro, paglia o marrone. Alla morte dell’erba le foglie assumono colore bianco-argentato e appaiono fragili e incrostate sulle macchie.

Sintomi di marciume grigio delle nevi

Spesso muoiono solo le foglie, quindi con la ripresa primaverile si ha nuovo ricaccio di culmi e solo in casi molto gravi ed in ottimali condizioni di sviluppo del fungo il tappeto deperisce completamente.

Il patogeno sopravvive sotto forma di sclerozi durante l’estate e nel corso dell’autunno, quando gli sclerozi rimangono esposti all’umidità e a temperature fresche (temperatura ottimale da 10 a 18 °C) si hanno le migliori condizioni per la germinazione.

Il fungo può infettare le foglie mentre queste sono ancora ricoperte dalla neve e gli sclerozi successivamente prodotti ricadono sul terreno in primavera quando si ha la disgregazione e la decomposizione del materiale vegetale infettato (foglie o tessuti della corona). Pertanto, in condizioni favorevoli la malattia può ripresentarsi di anno in anno.

I danni maggiori sui prati si verificano in presenza di spessa coltre nevosa e/o pesante pacciamatura su tappeto erboso umido e non gelato perché il fungo si sviluppa bene in corrispondenza di temperature appena superiori al punto di congelamento (1-2 °C).

Sintomi da marciume grigio delle nevi

Neve e pacciamature consentono appunto al tappeto di non gelare creando al patogeno un habitat ideale. Inoltre, quando la neve forma uno strato spesso, permane generalmente più a lungo, prolungando nel tempo le ottimali condizioni di crescita del fungo.

Per limitare i rischi di questa fitopatia è utile sapere che le concimazioni azotate autunnali, effettuate appena prima della dormienza invernale, possono favorire il patogeno aumentando la succulenza dei tessuti fogliari. In questo caso si producono danni minori se si mantiene una adeguata frequenza di taglio fino all’arresto vegetativo. Oltre alla raccomandazione di impiego di cultivar resistenti, è possibile contrastare la malattia rimuovendo ad inizio primavera il materiale vegetativo infetto all’interno delle chiazze favorendo l’esposizione ai raggi solari e facilitando la ripresa vegetativa, sempre a primavera, con delle leggere concimazioni. La difesa con fungicidi successiva alla comparsa dei sintomi non ha alcuna utilità pratica.

Marciume rosa invernale

Dopo un prolungato periodo di condizioni atmosferiche fredde e umide è possibile osservare sui prati macchie circolari depresse di circa 5 cm, o di dimensioni inferiori, che cambiano rapidamente di colore, dal marrone chiaro al marrone e marrone scuro, fino al grigio chiaro.

Sintomi da marciume rosa invernale

Le macchie di solito crescono fino a circa 70 cm di diametro, anche se in teoria possono allargarsi senza limite. Il centro della macchia può nuovamente vegetare formando degli anelli con bordi esterni che possono avere un margine depresso verde scuro.

In condizioni di elevata umidità o sotto una coltre nevosa il micelio può ricoprire la macchia che può assumere un colore tendente al rosa, da cui il nome della fitopatia.

Questa malattia può venire veicolata tramite le macchine di manutenzione e il calpestamento. Inoltre l’alternanza di gelo, disgelo, coltri nevose, nebbie fredde e piogge è particolarmente favorevole alla diffusione del fungo. É utile sapere che elevati livelli di concimazione azotata in autunno, scarso drenaggio del terreno, presenza elevata di feltro ed una eccessiva altezza degli ultimi tagli autunnali sono condizioni favorevoli al marciume rosa invernale.

Per prevenire questa fitopatia valgono gli stessi consigli dati per il marciume grigio, aggiungendo che alti livelli di potassio possono aiutare a contenere il fungo.

Fonti consultate:

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Con l’arrivo ufficiale dell’autunno il prato naturale deve essere preparato per affrontare i mesi freddi per arrivare in primavera “in perfetta forma”.

Sono sufficienti poche semplici operazioni, che elenchiamo di seguito e sono valide per un prato che è arrivato a fine estate in condizioni normali dal punto di vista estetico e fitosanitario.
Iniziamo con l’operazione più basilare: il taglio.

Nel caso il tappeto erboso sia costituito da specie microterme (Lolium perenne, Festuca arundinacea, Poa pratensis, ecc.) che continuano la loro attività vegetativa in linea di massima la rasatura può proseguire, nell’Italia settentrionale, fino a metà novembre e al Sud e Isole fino a metà dicembre. Nel caso il vostro tappeto erboso sia costituito da specie macroterme (Zoysia japonica, Cynodon dactylon, Paspalum vaginatum, Paspalum notatum, Stenotaphrum secundatum, ecc.) il taglio va diminuito fino ad essere sospeso in base al rallentamento della crescita dell’erba.

A fine stagione, nelle zone mediterranee, è normale vedere un ingiallimento di queste specie d’erba, mentre nelle zone continentali e di montagna le piante entrano in dormienza: la parte aerea muore, ma riprenderà a vegetare verso metà primavera dagli apparati radicali che rimangono vivi.

Altri consigli utili

  • Raccogliere i residui di taglio: nei mesi freddi e umidi i materiali vegetali marciscono e possono causare infezioni fungine al tappeto erboso.
  • Evitare di rasare il prato se il terreno è bagnato: si rischia infatti di compattare il suolo rendendolo asfittico con le ruote del rasaerba e con il calpestamento. Inoltre, in queste condizioni è impossibile garantire l’omogeneità dell’altezza di taglio, si producono solchi nel terreno e la raccolta dei residui di taglio può risultare difficoltosa.
  • Arieggiare (se necessario): ad inizio autunno è opportuno valutare la possibilità di arieggiare soprattutto se il prato è composto da microterme, che prediligono una temperatura tra i 10 e 18°C per l’attività radicale e tra i 15 e i 24°C per quella vegetativa aerea.
  • Concimare con il potassio: questo elemento aiuta le piante ad affrontare il freddo e riduce il rischio di dirado e ingiallimento. Diversi studi suggeriscono di distribuire il 40% del concime potassico totale in autunno, inoltre è importante distribuire il concime in modo uniforme: al momento dell’operazione il terreno non deve essere disidratato e occorre innaffiare dopo la concimazione e nei giorni successivi per favorire il graduale assorbimento degli elementi nutritivi.
  • Rastrellare o soffiare foglie e altri materiali vegetali: è meglio evitare il più possibile la presenza di ostacoli che rendano difficile la circolazione dell’aria tra gli steli dell’erba. Quindi mano al rastrello o al soffiatore!

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SAM_0656Scegliere un tappeto erboso naturale per il proprio giardino di casa assicura numerosi vantaggi non solo dal punto di vista ambientale ed economico, ma anche sociale. Un giardino è infatti una “porzione di natura” che deve suscitare emozioni a chi ne usufruisce grazie alla sua funzione estetica e paesaggistica che non può essere sostituita dall’erba artificiale.

Per godere di un prato naturale bello, sano e duraturo bastano pochi e semplici accorgimenti. Ce li spiega l’agronomo Riccardo Dal Fiume, che da oltre vent’anni si occupa di consulenza per i tappeti erbosi con un particolare interesse per il verde ornamentale.

–          Miglioramento del terreno: conoscere e saper valutare, attraverso un’analisi del terreno, il suolo su cui si andrà a seminare è il primo fondamentale passo per raggiungere ottimi risultati. È buona norma in questa fase iniziale utilizzare un fondo di sabbia che favorisca il drenaggio e riduca il ristagno, contribuendo così a scongiurare l’insorgere di malattie.

–          Scegliere la giusta semente: la ricerca sementiera negli ultimi trent’anni ha compiuto passi da gigante. Se prima l’obiettivo principale da conseguire era soprattutto estetico, oggi è diventato la sostenibilità ambientale. Sono state create varietà a basso regime manutentivo, che necessitano di meno trattamenti chimici e con una alta capacità di recupero dopo qualsiasi tipo di stress. Tra le specie più utilizzate, negli ultimi anni ha avuto grande successo la Festuca arundinacea e i suoi miscugli, per le sue caratteristiche di rusticità, resistenza al caldo e impatto estetico. È importante però che un hobbista non si lasci ammaliare dal packaging della confezione che acquista, ma che si faccia guidare dai consigli delle aziende sementiere, in grado di indicare le specie e le varietà più adatte a seconda delle varie esigenze.

–          Taglio: è un passaggio basilare nella manutenzione di un tappeto erboso naturale. Più è frequente il taglio e più l’erba si irrobustisce. Per questo motivo è importante farlo spesso, anche con l’aiuto dei robot tagliaerba molto diffusi oggi. Un prato non sarà mai in salute se non viene tagliato spesso. Anche l’altezza di taglio è importante. Un tappeto erboso tagliato troppo basso rischia infatti di diradarsi e indebolirsi, fino a rovinarsi completamente. Soprattutto d’estate e prima dell’inverno è consiglaibile tagliare i prati a non meno di 4-5 cm.

–          Irrigazione: si tratta di una pratica complessa e quindi soggetta a numerosi errori. La regola generale impone di bagnare il proprio tappeto erboso in maniera abbandonate e poco frequentemente. Il processo opposto avrebbe effetti negativi, perché irrigare troppo spesso indebolisce il prato e favorisce la crescita delle infestanti e delle malattie. Si consiglia inoltre di svolgere l’irrigazione la notte o nel primo mattino, mai alla sera.

–          Concimazioni: la concimazione fornisce il nutrimento al prato, logico quindi capire quanto sia vitale come processo. Come un essere umano se mangia poco e male può facilmente ammalarsi e indebolirsi, così succede al tappeto erboso se non viene concimato a sufficienza. È una pratica che bisogna eseguire con regolarità, almeno tre o quattro volte l’anno in momenti specifici e con i prodotti corretti, evitando concimi generici o adatti ad altre colture. Anche in questa fase quindi non bisogna lasciare nulla al caso, ma farsi consigliare da un esperto.

 

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