Calciatore professionista o dilettante, rugbista della Nazionale o semplice amante del golf, qualunque sia il tuo sport farlo su un prato naturale è meglio.
A dirlo sono diversi studi, tra cui uno della NFLPA (National Football League Players Association) secondo la quale i giocatori professionisti di football americano preferiscono i prati naturali per svariati motivi, tra cui il minor rischio di infortuni rispetto a quelli sintetici, il minor affaticamento fisico soprattutto in caso di temperatura elevata e, non ultimo, l’odore decisamente più gradevole.
A corroborare questa tesi è anche un Report dello scorso anno del Dipartimento di Microbiologia agro-alimentare dell’Università di Catania, secondo il quale in molti campi in erba sintetica (campi di calcio, calcetto, tennis) sono state rilevate elevate presenza di Escherichia coli, stafilococchi e carica batterica aerobia totale.

I motivi, spiega il Rapporto, sono ancora oggetto di studio, ma i risultati del tutto preliminari pongono le basi per ulteriori indagini microbiologiche per comprendere l’origine della contaminazione e dello sviluppo microbico (acqua impiegata per il lavaggio dei campi, calpestio dei giocatori, gocce di sudore, saliva e sangue, condizioni climatiche).
Secondo la prof.ssa di Microbiologia agraria dell’Università di Catania Cinzia Randazzo, l’indagine ha evidenziato una carica microbica totale – su svariati punti del manto appartenenti a diversi impianti – di 10.000 unità formanti colonie (ufc) per cm², stafilococchi pari a 1.000 ufc/cm² ed Escherichia coli pari a 100 ufc/cm².

I campi naturali, al contrario, sono costituiti da miscugli di tante varietà di “erba” e grazie all’attività dei microrganismi naturalmente presenti si autodepurano autonomamente dai batteri nocivi.
Già una decina di anni fa, nel 2006, salì agli onori delle cronache il rischio di presenza, nell’intaso di gomma che sostiene il manto d’erba artificiale di 13 centri sportivi analizzati dai Nas, di quantità pericolose e in alcuni casi oltre la soglia stabilita per legge di Ipa (idrocarburi policiclici aromatici dannosi per reni, fegato e polmoni), toluene (composto volatile altamente tossico) e metalli pesanti.

Secondo una nota diramata all’epoca da una specifica Commissione della FIGC per i campi in erba artificiale – presieduta dal Prof. Roberto Verna, ordinario di patologia clinica presso l’Università “La Sapienza” (Roma) –si sottolineava infatti il rischio delle polveri sollevate dal pallone e inalate di conseguenza dai giocatori.

Questo allarme è tornato d’attualità anche lo scorso ottobre in Olanda dopo che la trasmissione del documentario di denuncia “Zembla” ha posto sotto i riflettori la questione.

Di seguito il video, sottotitolato in inglese, del documentario “Dangerous play” pubblicato sul sito della trasmissione “Zembla“.

 

Fonti consultate:
ESA
Assosementi
La Stampa
Repubblica
La Gazzetta dello Sport

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“Una condizione di benessere fisico e psichico dovuta a uno stato di perfetta funzionalità dell’organismo”, la definizione enciclopedica del termine salute, per quanto accurata, non rende giustizia alla sua complessità, tanto che già nel 1946 a questa definizione l’OMS (Organizzazione mondiale della Sanità), aggiunse il concetto di “socialità”, rappresentando quindi la salute non più solo come assenza di malattie, ma come uno stato di benessere fisico, psichico e sociale.
Se la salute quindi è composta da questi tre pilastri è ovvio che dove è possibile fare movimento, rilassarsi e incontrare altre persone è più facile essere in buona salute.

Ecco che il ruolo del verde nei centri abitati, sia ricreativo sia sportivo, gioca un ruolo fondamentale per mantenere la popolazione in salute, con indubbi benefici anche a livello economico.
Secondo il Ministero della Salute l’attività motoria della popolazione in Italia è diminuita di pari passo con i grandi cambiamenti del lavoro e dell’organizzazione delle città. Tra le cause lo sviluppo dell’automazione, la dominanza del trasporto motorizzato e la riduzione di spazi e sicurezza per pedoni e ciclisti assieme al calo degli spazi per il gioco libero dei bambini e per i giochi e gli sport spontanei e di squadra.

L’organismo umano – sottolinea il Ministero – non è nato per l’inattività: il movimento gli è connaturato e una regolare attività fisica, anche di intensità moderata, contribuisce a migliorare tutti gli aspetti della qualità della vita. Al contrario, la scarsa attività fisica è implicata nell’insorgenza di alcuni tra i disturbi e le malattie oggi più frequenti: diabete di tipo 2, malattie cardiocircolatori (infarto miocardico, ictus, insufficienza cardiaca), tumori. Insomma, correre, giocare o anche semplicemente passeggiare nel verde di una città fa bene a qualunque età.

Non per niente, tra la fine del 19° e l’inizio del 20° secolo, per ovviare alle pessime situazioni igieniche delle grandi città europee causa di tubercolosi e colera, gli urbanisti cominciarono a creare aree verdi realizzando in molti quartieri parchi, giardini pubblici e aree gioco.

Ma il verde urbano ha tante altre funzioni, eccone alcune.

  • Funzione ecologico-ambientale: il verde contribuisce a regolare gli effetti del microclima cittadino attraverso l’aumento dell’evapotraspirazione, regimando così i picchi termici estivi con una sorta di effetto di “condizionamento” naturale dell’aria. In una bella giornata estiva un tappeto erboso di un ettaro è in grado di rilasciare 20.000 litri di acqua nell’atmosfera, mentre un campo da calcio cattura oltre 12 tonnellate/anno di CO2.
  • Funzione sanitaria: in certe aree urbane, in particolare vicino agli ospedali, la presenza del verde contribuisce alla creazione di un ambiente che può favorire la convalescenza dei degenti, sia per la presenza di essenze aromatiche e balsamiche, sia per l’effetto di mitigazione del microclima, sia anche per l’effetto psicologico prodotto dalla vista riposante di un’area verde ben curata.
  • Funzione igienica: le aree verdi svolgono una importante funzione psicologica ed umorale per le persone che ne fruiscono, contribuendo al benessere psicologico ed all’equilibrio mentale.
  • Funzione estetico-architettonica: anche la funzione estetico-architettonica è rilevante, considerato che la presenza del verde migliora decisamente il paesaggio urbano e rende più gradevole la permanenza in città, per cui diventa fondamentale favorire un’integrazione fra elementi architettonici e verde nell’ambito della progettazione dell’arredo urbano.

Fonti consultate:
● www.salute.gov.it
● Assosementi
● “Il verde è benessere” (2010) – GREEN CITY ITALIA
● Manuale per tecnici del verde urbano, Città di Torino

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Quali sono le città più “verdi” d’Italia? A vincere questa singolare sfida sono Pavia, Lodi, Cremona e Matera che, tra verde urbano, aree protette e Sau (superficie agricola utilizzata), presentano densità superiori alla media di tutti gli altri comuni capoluogo italiani.
A segnalare questo ottimo primato è l’Istat, che con cadenza annuale svolge un’indagine specifica dedicata appunto a censire quanto siano “verdi” le nostre città, stilando una classifica che comprende diversi fattori, tra cui verde sportivo, giardini, aree alberate, aree naturali e addirittura gli orti urbani.
Leggendo i dati dell’ultima indagine disponibile, riferita al 2014, si evidenzia come il verde urbano rappresenti in media il 2,74% del territorio dei capoluoghi di provincia (oltre 567 milioni di m²), quota che corrisponde a una disponibilità media di 31,1 m² per abitante. Questo importantissimo valore è più elevato nelle regioni del Nord: in media pari a 34,8 m² anche grazie alla buona dotazione di Trento (401,5 m²), Sondrio (312,4), Pordenone, Gorizia e Verbania (tutte con valori superiore ai 100 m² pro capite).

Al Centro, dove la media scende a 22,7 m² per abitante, solo una città su quattro ha una dotazione superiore; Terni, in particolare, raggiunge i 149,2 m² pro capite.
Tornando alle città più verdi d’Italia l’indagine spiega come queste realtà territoriali siano molto diverse. Nel caso di Matera, alla consistente componente rurale si aggiungono l’unicità delle aree di verde urbano tutelate dal Codice dei beni culturali (15,3%, contraddistinte dalla presenza del parco archeologico delle chiese rupestri) e aree naturali protette (quasi un quarto del territorio). A Lodi e Cremona incidono soprattutto la componente agricola (la Sau rappresenta più della metà del territorio) e quella delle aree protette (rispettivamente il 35% e il 27% della superficie comunale), mentre a Pavia verde urbano, aree protette e Sau sono tutti leggermente al di sopra della media.

Le aree di arredo urbano, intese come spazi verdi a valenza estetica e funzionale create per migliorare la qualità di vita nei contesti urbani, pesano poco più del 9% sul verde pubblico delle città ma la loro incidenza raggiunge il 40% in alcuni comuni del Mezzogiorno (Trapani, Cosenza, Lecce, Palermo, Benevento, Caltanissetta e Barletta), mentre per l’estensione spiccano Reggio nell’Emilia (più di 3,3 milioni di m²) e Roma (4,4 milioni di m²).

Il verde attrezzato – che include piccoli parchi con superficie pari o inferiore agli 8.000 m², con giochi per bambini, aree cani, ecc. e con diverse funzioni ricreative e di aggregazione – è molto diffuso nelle principali realtà urbane (in oltre il 56% dei capoluoghi si supera la media), con valori assoluti compresi tra 3 e 4 milioni di m² a Torino, Padova e Venezia e punte di 6 e 10 milioni rispettivamente a Milano e Roma.

Le 12 città in cui l’incidenza del verde urbano e delle aree naturali protette è superiore alla media sono in maggioranza centri urbani di medio-grandi dimensioni; in sei casi si tratta di grandi comuni: Trieste, Roma, Napoli, Reggio Calabria, Palermo e Cagliari. Sono tutti contesti – evidenzia l’Istat – dove le aree uniche di rilevante pregio sono state nel tempo sottoposte a tutela naturalistica, anche per via della contiguità con ambiti fortemente urbanizzati: a Cagliari le saline del Molentargius e di Macchiareddu e la laguna di Santa Gilla, a Trieste le aree carsiche, a Reggio Calabria il parco dell’Aspromonte, a Palermo il monte Pellegrino, a Napoli e Roma numerosi ed estesi parchi e riserve naturali.

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Intervista a Adriano Altissimo, Responsabile ricerca e sviluppo Landlab

Qual’è la situazione attuale della ricerca scientifica italiana in ambito di tappeti erbosi naturali?

La ricerca scientifica italiana è sicuramente cresciuta rispetto agli Anni Ottanta, quando il mercato era ancora marginale e nel nostro paese la cultura tecnica era praticamente azzerata, così come il supporto scientifico. Il vero tallone d’Achille rimane la ricerca pubblica, che ha dato un contributo decisamente modesto. Il supporto dato dal privato, condotto quindi dalle singole aziende, è il vero motore per un settore che oggi deve, tra gli altri, soprattutto affrontare il problema di non poter più fare uso dei prodotti fitosanitari.

In quali ambiti la ricerca sui tappeti erbosi ha compiuto i maggiori progressi?

Vi sono stati grandi progressi legati al miglioramento dell’adattabilità delle specie e varietà ai diversi ambienti e alle variazioni climatiche e per quanto riguarda la nutrizione delle piante. Tuttavia la strada da fare è ancora lunga: la ricerca deve ipotizzare e supportare le opportunità di innovazione, che non va delegata a chi non conosce lo scenario italiano. È importante quindi ricercare nuove specie, sviluppare nuove varietà, riducendo la dipendenza dalle importazioni, poiché data la nostra posizione geografica e l’area pedo-climatica possiamo diventare autentici leader nel settore.

Quali sono le sfide future per la ricerca sui tappeti? Quali obiettivi deve raggiungere e quali desideri deve soddisfare?

Le attese sono sicuramente alte, perché elevata è la domanda di sementi di qualità. La ricerca deve mettere in secondo piano i parametri estetici che hanno sino ad oggi guidato il miglioramento ed invece fondare l’innovazione di materiali, di sistemi, su parametri funzionali e misurabili, come ad esempio la capacità delle varietà vegetali di rispondere agli stress abiotici, come quello idrico, la stabilità del tappeto erboso e la risposta all’usura.

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Il convegno “Il prato, natura in città” è il primo appuntamento della campagna “Prato in comune” promossa da Il Verde Editoriale, Assosementi, Assoverde e il Consorzio Italiano Compostatori

Il Verde Editoriale, Assosementi, Assoverde e il Consorzio Italiano Compostatori lanciano “Il prato, natura in città”. Il convegno, in programma a Bologna il prossimo 11 novembre dalle 9.30 alle 13.30 nel corso di Eima International 2016 (l’Esposizione Internazionale di Macchine per l’Agricoltura e il Giardinaggio), sarà l’occasione per parlare del valore aggiunto offerto dai prati naturali alla collettività urbana.

“Il prato, natura in città” è il primo appuntamento di “Prato in comune”, la campagna nata con l’obiettivo di diffondere la cultura della sostenibilità economica e ambientale dei tappeti erbosi naturali in città. Al termine dell’evento si terrà la premiazione di “I mille volti del prato”, il concorso fotografico aperto a tutti gli appassionati del prato naturale, con l’obiettivo di rappresentare uno spaccato delle diverse relazioni che si possono instaurare con il prato in città, indagandone gli aspetti emozionali, tecnici, suggestivi e paesaggistici.

“Il prato, natura in città” vede in programma le relazioni di studiosi ed esperti del settore. Interverranno: Riccardo Santolini dell’Università di Urbino che parlerà del ruolo dei tappeti erbosi come funzione ecologica essenziale per il verde urbano; Adriano Altissimo, Responsabile ricerca e sviluppo di Landlab, che affronterà il tema del miglioramento genetico nel settore dei tappeti erbosi per affrontare la nuova fase di riconversione ambientale; Mauro Frigo, coordinatore gruppo di lavoro sui tappeti erbosi di Assosementi, che presenterà il nuovo sito web di Assosementi dedicato ai prati naturali, strumento di comunicazione verso un pubblico di esperti di settore e non; Pasquale Gervasini, Vicepresidente Assoverde, con una relazione sui tappeti erbosi nei capitolati d’appalto; Massimo Centemero, Direttore generale Consorzio Italiano Compositori, e Werner Zanardi, agronomo di Tecnogarden Service, che approfondiranno lo stato dell’arte della sperimentazione sull’applicazione del compost nel tappeto erboso. Concluderanno i lavori, illustrando alcuni esempi virtuosi nella gestione dei prati naturali in ambito sportivo e urbano, Alessandro De Luca, Coordinatore tecnico sezione tappeti erbosi della Scuola Nazionale di Golf, Roberto Diolaiti, Direttore Settore Ambiente e Energia del Comune di Bologna, e l’esperto di tappeti erbosi Cleto Matteotti. A moderare il dibattito sarà Roberto Panzeri de Il Verde Editoriale.

La partecipazione al convegno è gratuita e consente di accedere gratuitamente a Eima International per la sola giornata del convegno. Le iscrizioni saranno raccolte entro il 4 novembre 2016 sul sito di Il Verde Editoriale.

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Stadio Artemio Franchi

Intervista a Federico Tuberga, Tempoverde Srl

Sta crescendo l’interesse verso i tappeti naturali. Quali sono i settori nei quali vede un maggior dinamismo?

Un settore di grande rilievo lo occupa da sempre quello dell’uso ornamentale, ma fa registrare una netta ripresa anche il settore a uso sportivo, specie per quanto riguarda il calcio, dopo il picco che hanno vissuto quattro o cinque anni fa i tappeti erbosi artificiali.

Quali sono gli aspetti da considerare quando si sceglie un tappeto erboso naturale?

Un buon agronomo deve certamente saper scegliere le essenze da tappeto erboso più adatte per il suo prato, sia dal punto di vista climatico che da quello manutentivo. Deve quindi conoscere bene le condizioni del terreno su cui va a operare e stabilire un piano di mantenimento per ridurre al minimo l’uso di prodotti fitosanitari. In questo senso un aiuto arriva dalla ricerca che mette oggi a disposizione varietà all’avanguardia e prodotti biologici in grado di migliorare l’intero sistema del tappeto erboso.

Quali sono i punti di forza di un tappeto erboso naturale rispetto a uno artificiale e quali sono i falsi miti da sfatare quando si parla dei tappeti erbosi naturali?

Sicuramente il principale mito da sfatare quando si parla di prati naturali è che costino di più rispetto alle superfici sintetiche. Spesso le municipalizzate credono che scegliere un tappeto erboso artificiale consenta loro di risparmiare, ma è una questione di scarsa informazione. Un prato artificiale ha altissimi costi di costruzione e di smaltimento e richiede dispendiosi interventi di manutenzione annuali, garantendo una durata di vita di soli dieci anni. La vita globale di un prato naturale è nettamente più lunga e anche più sostenibile dal punto di vista economico.
Il tappeto erboso naturale garantisce poi enormi benefici ambientali. È infatti il miglior depuratore naturale per combattere le polveri sottili, un continuo produttore di ossigeno e una barriera capace di assorbire il rumore. In un periodo in cui c’è una sempre maggiore attenzione agli stili di vita sostenibili, non bisogna quindi dimenticare che il prato garantisce il ripristino virtuoso degli equilibri naturali.

image001Può segnalarci quali sono gli impianti sportivi più importanti di cui si è occupata la vostra azienda?

Tempoverde è stata scelta da Fiorentina ed Empoli per l’impianto e la manutenzione dei loro stadi. L’Artemio Franchi e il Castellani sono stati zollati due anni fa e vengono traseminati ogni anno a fine campionato. Inoltre in questi mesi ci stiamo occupando della semina del nuovo centro Filadelfia di Torino. Si tratta di un progetto importante e impegnativo, per il quale abbiamo dovuto considerare anche la tutela architettonica di una struttura storica. L’impianto, che sarà consegnato a metà gennaio, diventerà il polmone del centro storico torinese e il luogo di allenamento del Torino Calcio, che tornerà nel leggendario stadio simbolo del Grande Torino.

Ci può raccontare l’esperienza della sua azienda e in quali aree siete più attivi?

Tempoverde è nata nel 1983 e ha avviato da subito la collaborazione con importanti enti di ricerca per selezionare varietà sempre più performanti dal punto di vista della salubrità e dell’impatto economico, volte quindi all’ottimizzazione dell’aspetto tecnico. Oggi la Tempoverde è leader nel settore sportivo e in quello della coltivazione di zolle, oltre a essere un punto di riferimento per i professionisti del verde.

 

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